ATMOSFERE VISSUTE ?
MARIANNA 3° EPISODIO
Un donna, dai modi rozzi, ma buona di cuore, ogni giorno le portava una ciotola con qualcosa da mangiare, un secchio ed uno straccio per lavarsi.
Una mattina, di buon’ora, l’enorme porta si aprì e un giovane entrò nella cella.
Era alto, bello e dai modi inaspettatamente gentili.
Questi, aveva degli occhi scuri e iniziò a scrutarla dall’alto al basso.
Marianna provava un profondo imbarazzo, come se la stesse spogliando col solo sguardo!
Il suo nome era Orhan, s’inchinò e disse che sarebbe stata trasferita al più presto ad Amasya, capitale del Regno del Ponto. Nel frattempo, avrebbe avuto come dama di compagnia, Maddalena, una sarta che le avrebbe cucito nuovi abiti e una parrucchiera. Infine dichiarò che le era stata assegnata una bella stanza nel castello di Astura, dove dalla finestra poteva vedere il Mar Nero.
Non poteva credere alle sue orecchie.
Tanta crudeltà prima e ora tanta gentilezza.
Cosa mai il futuro aveva in serbo?
Perché chiusa in cella da oltre due mesi?
Non trascorse molto tempo, prima si saperlo!
Il viaggio da Astura verso Amasya fu una delle cose più eccitanti della sua vita.
Marianna era ormai rassegnata al distacco della famiglia.
“Li avrei rivisti?
Come stavano?
Chissà il dolore che ancora provavano per il mio rapimento”.
Per questo ogni tanto si affacciava la nostalgia e la malinconia.
Formai ‘na nave ccu li mii penzeri
e dintra mi ci misi a navicare.
ppi finestra ci misi l’occhi mei
l’aspri penzeri mii pii marinari.
‘Nchianai ‘n autu e rapij li vele
ma ‘a fortuna ma’ha jettatu a mari.
Guarda qunt’è crudili ‘stu mesteru:
mancu a io portu m’ha fattuarrivari.
Così dice una canzone popolare:
(Costruii una nave con i miei pensieri
e con essa incominciai a navigare
Per oblò ci misi i miei occhi
e per marinai i miei aspri pensieri.
Salii in alto mare e spalancai le vele
ma la cattiva sorte mi ha gettato a mare.
Osserva quanto sia crudele questo mestiere:
neppure in porto mi ha fatto arrivare).
Nel viaggio verso Amasya, Orhan sedeva nella carrozza di fronte alla ragazza e sorrideva lievemente a ogni espressione di stupore che i suoi occhi assumevano alla vista dei nuovi paesaggi.
Era dolce e ogni volta che i loro sguardi s’incrociavano, una strana sensazione di calore pervadeva il corpo della ragazza.
Per Marianna era una sensazione nuova! Ed era inebriante!
Si fermarono la notte presso una locanda e poi l’indomani raggiunsero Amasya.
Le sue strade erano uno spettacolo, sembrava una di quelle città descritte nelle favole dalla Nonna.
Quando la carrozza si fermò, uno stuolo di servitori vennero incontro.
Il bel giovane, di cui era ormai perdutamente innamorata, impartì loro una serie di ordini.
La sua dama, Maddalena, sembrava già conoscere il posto. I suoi occhi però celavano una strana malinconia, rispetto l’allegria che avevano avuto nei mesi trascorsi ad Astura.
Solo dopo comprese la ragione e il destino associato a quell’elegante palazzo.
Dal loro arrivo, le giornate si susseguirono tranquille, fino a una mattina di metà mese.
Un pallido raggio di sole stava facendo capolino tra le finestre.
Si svegliò d’improvviso; un frenetico andirivieni di gente animava il cortile del palazzo.
Si affacciò alla finestra e lo spettacolo che vide la sorprese e la incuriosirono.
Circa una decina di giovanissime ragazze stavano entrando nel palazzo.
Era ancora in camicia da notte, in preda a vari dubbi e domande su ciò che stava vedendo, quando la porta si aprì bruscamente.
Orhan era lì, alto, fiero e consapevole del suo fascino.
Sbatté la porta, chiudendola e le si avvicinò.
C’era qualcosa di strano nel suo sorriso. Le tese la mano come a volerla accompagnare. Marianna acconsentì ma, subito fu strattonata e gettata sul letto.
Pensò fosse quello il modo in cui gli uomini prendono una donna.
Dopotutto, aveva avuto solo una tragica esperienza alcuni mesi prima.
Le sue labbra, prima posate sulle sue, iniziarono a baciarle ogni centimetro della sua pelle e poi si accorse di essere stata denudata e si sentì confusa.
Dopo rimasero uno accanto all’altro per pochi minuti e infine Orhan si alzò fulmineo.
Si rivestì e disse “Sii sempre pronta”.
Lei non capì, ma pensò che in lui si fosse accesa la fiamma dell’amore.
Era giorno d'amor quand'io t'amai
e dintr'al core mio tu mi venisti.
Ci si venuta ed io ti ci fermai
ccu tantu amuri chi giammai n'escisti.
Nè si nesciuta nè ni nescirai
sulu la morte la potrà finire.
Ti prego, morte, nun veniri mai
mò chi mi godu ccù lu bene mio
Così dice una canzone popolare:
(Era un vero giorno d'amore quello in cui ho incominciato ad amarti
e tu da allora mi sei entrata dentro il cuore.
Da quando ci sei entrata, io ti ho trattenuta
con un amore così forte da non fartene mai uscire.
Così come finora non ne sei mai uscita,
ugualmente non ne andrai via giammai.
Soltanto la morte potrà avere ragione di noi.
Perciò ti scongiuro, o morte, di non arrivare mentre
mi godo l'amore del mio bene).
L’inferno, quello più nero, giunse dopo quel giorno.