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Paese mio


Proprio in quel periodo del “miracolo economico” toccò il culmine, l’Italia visse le contraddizioni più aspre fra le aspettative di giustizia e la qualità della vita di molti, soprattutto di coloro che a causa dell’invalidità non avevano nessuna assistenza. La sorte dei piccoli colpiti dalla polio era affidata esclusivamente alle loro famiglie, del tutto sole di fronte a problemi spesso insuperabili.
Così molte famiglie, per amore, si caricarono dell’handicap di quei figli sfortunati, lottando contro l’emarginazione, gli sguardi che ferivano, la fatica quotidiana di portarli dovunque in braccio o su carrozzine anche arrangiate alla meglio. Il dolore e la fatica gravò su di loro più che sui piccoli poliomielitici, non mancavano medici bravi e tecnici ortopedici, troppo spesso però erano irraggiungibili per chi viveva nei paesi del sud. Per questo molti genitori che non potevano assicurare cure e scolarizzazione adeguate, iniziarono a portare i piccoli paralizzati in centri di recupero anche lontani.
Una delle figure più pittoresche del paese era il civico banditore che per le vie del paese animava la vita della comunità e mediante un megafono dava informazioni di pubblica utilità e propagandava anche merci sia in acquisto che in vendita. Nel periodo dell’epidemia girava per il paese raccomandando la popolazione a mantenere un comportamento corretto per evitare l’infezione. Oltre a fornire informazioni di pubblica utilità propagandava merci sia in acquisto che in vendita: “Chi ha uova da vendere, chi ha da vendere olive, chi vuole ritirare capelli caduti in sede di pettinatura, oppure di stracci di stoffa, in cambio di aghi, o pettinini, o spagnolette di cotone e altro”.
 
Mastro Micuzzo fornito di megafono e di una divisa militaresca, era una figura molto rispettata e nello stesso tempo riverita.
 
Siccome gran parte della popolazione era analfabeta e quindi non era in grado di leggere né ordinanze né manifesti; molti annunci (sia delle autorità locali che di privati per scopi commerciali) venivano proclamati dal banditore. L’amministrazione comunale si serviva di Mastro Micuzzo per comunicare ai cittadini eventi, ordinanze e notizie riguardanti la vita del Comune, scadenze e adempimenti.
Una mattina arrivò in piazza per comunicare alla popolazione di non fare uscire di casa i bambini e di mantenere la casa sempre disinfettata.
 
Il bando era il seguente: “Attenzione Attenzione il Signor Sindaco ordina a tutta la popolazione di disinfettare pavimenti, gabinetti e di tenere i guagnuni chiusi in casa e non farli nemmeno iocare con altri guagnuni. Attenzione Attenzione la ditta Ianchi imbianca Case e Chiese e media la vendita di Fave Favetti, Matrimoni e Altro.”
 
La gente pur avendo compreso la prima parte dell’annuncio, non capì il significato e l’importanza della seconda parte.
 
Il banditore aveva sempre un seguito di persone e bambini che lo accompagnavano in processione, fra questi, era presente il titolare della ditta Ianchi che dava spiegazioni e approfondimenti a chi era interessato. La ditta Ianchi era una ditta particolare, perché non aveva operai e il titolare era l’unico componente; era, in realtà, un imbianchino che aveva molte altre e diverse attività. Come imbianchino era bravo e velocissimo, capace d’imbiancare un appartamento in una giornata, ma era anche svelto nel fare sparire oggetti e alimenti conservati dagli abitanti. Inoltre era conosciuto come mediatore di granaglie e cosa più importante, di matrimoni. In realtà mediava fra le famiglie per poter realizzare l’incontro fra persone di una certa età che volevano mettersi assieme. Praticamente organizzava dei matrimoni combinati.

Volevo ringraziare i numerosi lettori che mi seguono regolarmente, avrei piacere di dialogare con loro, per cui chi vuole può contattarmi mediante il sito, all’indirizzo:
   
Grazie per l’attenzione
 
Arcangelo Rizzuti
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