Delitto a Palazzo Chigi
Una notte rientrando a casa non trovò Anastasya, sapeva che avrebbe avuto un concerto, ma di solito rincasava a mezzanotte, per cui incominciò a preoccuparsi e uscì per cercarla. Quindi prese l’automobile e incominciò fare la strada che di solito percorreva. Dopo poco, scorse la sagoma di Anastasya, accompagnata da un signore elegantemente vestito. Con una frenata rumorosa bloccò l’auto e scendendo dall’abitacolo si pose di fronte alla coppia. Anastasya capì che Gigino era alterato e provò a calmarlo presentandogli il suo cavaliere, ma Gigino era troppo infuriato e la trascinò in auto. In auto non vi furono parole, ma Anastasya percepiva che da un momento all’altro sarebbe scoppiata la bufera. Infatti appena entrati in casa, Gigino disse: “Chi è quell’uomo?”. Anastasya con molta calma, spiegò che era un collega e che vista l’ora, aveva deciso di accompagnarla. Gigino rispose: “Confessa è un tuo spasimante!” e Anastasya negò più volte, Gigino incominciò a perdere la pazienza. Dopo un terribile litigio, Gigino impugna la pistola e spara tre colpi in aria per intimidirla. Poi la colpisce con una sedia, la scaraventa a terra, torcendole il braccio e pestandole con un piede la schiena per costringerla a confessare, con la minaccia che non l'avrebbe liberata se non avesse parlato. Anastasya dopo un po’ riuscì a svincolarsi e corse verso la camera da letto, riuscendo a chiudere la porta a chiave. Gigino correndo verso la camera non fece in tempo e quindi incominciò a forzare la porta senza successo. Quella notte la storia terminò con le minacce di Gigino e il pianto di Anastasya in camera.
Al mattino seguente Gigino indossò la divisa e si diresse verso la caserma. In ufficio trovò il capo su di giri, erano tutti agitati perché avevano avuto un richiamo dal comandante, in quando la polizia aveva acciuffato dei malviventi nella loro zona senza informarli. Il maresciallo gridava come un pazzo: “Ci facciamo prendere per il culo da tutti, siete dei nullafacenti, almeno aprite gli occhi! Non state tutto il giorno a sonnecchiare...”. Infatti chi aveva fatto gli arresti era un poliziotto di loro conoscenza: l’ispettore Spartaco. Era un ispettore di polizia che di notte agiva in zona e di giorno lavorava a Palazzo Chigi. In realtà si metteva in mostra così tanto, che i giornali della capitale lo chiamavano confidenzialmente Spartaco. Dopo una giornata di lavoro Gigino ritorna a casa e non trova Anastasya, ma nota subito una lettera sul tavolo. “La nostra storia è finita, non cercarmi, non tornerò a stare con un torturatore, incapace di capire e voler bene, sei un mostro!”. Gigino disperato incominciò a cercarla nei posti che più frequentava o almeno dove la conoscevano, compreso la sala prove e qui ebbe una brutta sorpresa, le attività erano state sospese fino all’autunno. A sera ritornò da Ciampino che gli affidò subito un paio di consegne, tra cui una particolare che non aveva mai fatto.
Ciampino gli raccomandò la massima discrezione, si trattava dell’abitazione dell’Onorevole Giordani. A mezzanotte suonò al citofono dell’Onorevole Giordani, rispose una voce rauca che lo invitava ad entrare e a salire al terzo piano. Sulla porta venne accolto da un signore in pigiama, il quale disse:” Grazie e salutami quel figlio di puttana di Ciampino”. Si diresse dopo verso l’albergo per ricevere altri ordini e Ciampino disse: “Mi fai questi due e poi vai a dormire”. Nel dargli i due sacchetti, fece scivolare dalle mani la solita paga che per Gigino era diventata essenziale, proprio perché doveva coprire le spese dell’abitazione che ormai doveva sostenere da solo. Gigino quando ritornava a casa sentiva la mancanza di Anastasya, era pentito e i ricordi lo tormentavano, per cui continuava a cercarla in tutti i posti. Una sera corse perfino dietro ad una ragazza che aveva le sue sembianze, la raggiunse e poi dovette chiederle scusa. Un mese dopo, un collega di Anastasya gli rivelò che Anastasya aveva accettato un contratto con una orchestra da camera a Vienna. Da questo capì che era veramente finita e quindi inutile continuare a cercarla. Aveva perso definitivamente Anastasya per il suo carattere impulsivo, poco riflessivo e violento. Anche in caserma era diventato intrattabile, bastava poco per fargli saltare i nervi, rispondeva con sarcasmo ai suoi superiori, tanto che un giorno il Maresciallo Gallini gli fece un “cazziatone” che lo lasciò senza parole.
Con Ciampino invece i rapporti erano diventati sempre più stretti e cordiali, effettuava le consegne senza mai lamentarsi e inoltre il rapporto si era così consolidato, fino ad arrivare a comunicargli le proprie preoccupazioni e insofferenze. Una notte gli fu chiesto di andare a portare la solita busta all’Onorevole Giordani, che come al solito lo accolse in pigiama e siccome aveva voglia di parlare, Gigino gli chiese se di quella roba se ne serviva lui o la consumava con altri, Giordani rispose con franchezza: “Io no… Io la regalo ai miei amici di Montecitorio, anzi ti dirò che se facciamo le analisi delle latrine di Montecitorio, ne troveremmo una quantità enorme” e congedandosi disse:” Grazie Gigino e salutami quel figlio di puttana di Ciampino”.
Purtroppo una notte, dopo aver fatto la consegna all’Onorevole Giordani, trovò vicino alla sua automobile, una Pantera della Polizia con due uomini in macchina, tra cui l’ispettore Spartaco, si salutarono e Gigino con indifferenza entrando in macchina si recò verso casa. Il giorno dopo venne chiamato a rapporto dal Maresciallo Gallini che incominciò a fargli delle domande: “Cosa facevi dopo mezzanotte in via…”. “Tu conosci l’Onorevole Giordani?” e così via. Gigino rispondendo evasivamente alle domande del Maresciallo, fa insospettire Gallini il quale alzando la voce disse: “Stai attento, ti tengo sotto controllo e ricordati che sei un Carabiniere e quindi devi attenerti a delle regole e se vieni a conoscenza di fatti o reati me li devi comunicare subito.
A sera Gigino incontrando Ciampino, gli raccontò il fatto, sorridendo disse: “Non preoccuparti perché Giordani, sta per essere nominato ministro e quindi è naturale che sotto casa dell’onorevole ci sia la Polizia.”Infatti in quel periodo, si stava mettendo in piedi un governo balneare, cioè un esecutivo nato con un mandato a breve termine, di transizione, al fine di dare tregua con una «pausa estiva» a tensioni politiche particolarmente aspre. Oramai si era individuato il Presidente del Consiglio e a giorni si dovevano nominare i Ministri.
Quella notte Ciampino gli affidò ancora una volta una consegna per Giordani, suonò il campanello ma al citofono non rispose nessuno. A questo punto Gigino decise di ritornare in auto da Ciampino, nel procedere verso l’albergo si accorse che un’auto lo seguiva, dopo un po’ l’auto sparì e quindi tranquillamente, proseguì verso l’albergo. Arrivato all’albergo trovò due volanti della polizia. Capì che qualcosa non andava e decise di rientrare a casa.
Il mattino seguente si presentò in caserma e fu subito chiamato dal Maresciallo che disse: “Siediti, adesso firma questo foglio con cui dai subito le dimissioni, oppure ti consegno alla Polizia e quindi poi ci penseranno loro! Esiste un’indagine che ti colpirà in modo irrimediabile e tu sai perché.” Gigino disse: “Mi dà un giorno per pensarci, anche perché voglio parlarne con mio Padre”. Il maresciallo rispose: “Ok adesso sei fuori servizio fino a domani mattina, dopo di ché procedo.” Gigino senza dire una parola esce dalla caserma e fa ritorno a casa, la sua mente era come congelata, passando da una edicola scorge un giornale che riproduceva l’elenco dei ministri del nuovo governo che avrebbero giurato l’indomani; sorpresa nell’elenco si notava l’Onorevole Giordani. Rimase meravigliato e nello stesso tempo allibito, “Ma come uno come Giordani diventa ministro e io che non ho fatto nulla di male, per colpa sua, perderò il posto di lavoro”. Svoltando per la strada di casa, trova davanti al portone un’auto della polizia, appena arrivato sulla porta, scende dall’auto l’ispettore Spartaco, che con fare minaccioso gli dice “Stai attento! Ti tengo sotto tiro e non me ne frega nulla che sei un carabiniere”. Gigino non rispondendo alla provocazione, aprì la porta e si recò verso l’appartamento.
Aveva la mente annebbiata, gli venivano in mente idee strane, di vendetta e infine di suicidio. Appena entrato, si tuffò sul divano e poi tolse dalla bandoliera la pistola d’ordinanza, aveva perso la testa, voleva farla finita, purtroppo non ebbe il coraggio e fece cadere la pistola a terra, scoppiando in un lungo pianto.
Si addormento e al mattino il sentimento prevalente era la vendetta, voleva uccidere Giordani e l’ispettore Spartaco, così pensò come attuare la vendetta.
Dopo aver fatto la doccia, aprì l’armadio e tirò fuori la sua divisa da Carabiniere. Mise la camicia e la cravatta, indossò i pantaloni e la giacca e infine prese la bandoliera e la infilò. Uscì di casa e corse verso la fermata del Bus, stranamente il bus era vuoto, poi si ricordò che era domenica e che i Romani amano dormire fino a tardi. Scese in via del Corso, quasi a metà strada tra Piazza del Popolo e Piazza Venezia. Qui dopo qualche titubanza, si avviò verso Piazza Colonna e s’indirizzò verso Palazzo Chigi. Il portone era presidiato da Carabinieri e Poliziotti, Gigino con noncuranza, dopo aver varcato il portone principale di Palazzo Chigi e attraversato il cortile con la fontana, tramite lo scalone d’onore arrivò nei pressi della sala del Consiglio dei ministri. Ad un tratto incontrò un poliziotto e Spartaco, gli danno l’alt. Gigino d’istinto prende la pistola e spara e i due si accasciano a terra, poi corre verso la sala dove era in corso il Consiglio dei ministri. Aprì la porta e sparò altri colpi, infine si diresse verso lo scalone, precipitandosi verso l’esterno, sparando contro i militari di guardia. Ad un certo momento sente un dolore fortissimo ad una gamba e perde i sensi. Cadde sul selciato, il suo ultimo sguardo fu per la grande colonna istoriata della piazza, silenzioso testimone della sua tragedia.