10° episodio - rizzuti.it

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A NATALE FRIJRI I GUAJUNI




 Il treno adesso era diventato più veloce e non si sentiva più il classico rumore, i suoni erano diventati più dolci e meno aggressivi.
Alla testa del treno non si vedeva più il vapore e l’odore della polvere di carbone non entrava più nei vagoni: era subentrata una locomotiva elettrica.
A questo punto Saverio domandò al suo compagno di viaggio:
“A Milano dove intendi sistemarti, hai qualche posto dove andare a dormire?”
Pasquale, con fare imbarazzato, fece capire che avrebbe dormito in stazione, per poi recarsi il giorno successivo alla ricerca di un lavoro.
Saverio lo bloccò e con fare deciso gli fece presente che non era possibile dormire in stazione, faceva freddo e poi c'erano in giro dei brutti ceffi!
Siccome era sabato e Gabriele di sicuro sarebbe andato a Genova, gli offrì di andare a passare la notte a casa sua.
Pasquale dapprima non accettò, ma vista l’insistenza di Saverio, finalmente acconsentì al gentile invito dell'amico.


Pasquale fu grato della generosità di Saverio, e confessò che non aveva mai visto una grande città. Infatti non si era mai mosso dal suo paesello, anche perché non aveva fatto il militare, come figlio unico di padre invalido.  Il padre fu ferito ad una spalla nella battaglia del Piave e dopo mesi di ospedale militare ritornò al suo paese con le onorificenze di grande invalido, medaglie e distintivi che metteva orgogliosamente in mostra sulla sua giacca ogni anno, nella ricorrenza del quattro Novembre.
Saverio ricordava bene quella data, perché quando frequentava la scuola elementare la maestra conduceva la sua classe presso il Monumento ai Caduti, alla presenza delle autorità e degli invalidi del paese, e qui gli alunni eseguivano il brano:
“Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera………”

Era un momento pieno di commozione, gli invalidi e le vedove si abbandonavano in un pianto consolatorio al momento in cui l’oratore diceva:
“Le truppe italiane, credute vinte e moralmente distrutte, anche dagli stessi vertici militari dopo la battaglia di Caporetto, opposero invece una tenace resistenza nei dintorni del monte Grappa tra le rive del Brenta e del Piave. Lì si fece l’Italia!”.
Applausi e poi tutti, appagati da questa manifestazione, ritornavano a casa, consapevoli di aver ricevuto una lezione di moralità e di patriottismo.
Pasquale si ricordava bene del padre che gli raccontava spesso del Monte S. Michele:
“Quando sotto la pioggia sentivo i colpi di fucile e di cannone, subito dopo s’incominciavano a vedere feriti e morti.
Poi la pioggia continuata mi scoraggiava e mi sentivo abbandonato da Dio e dagli uomini. Tutto ciò mise alla prova la mia pazienza e per questo continuavo ad invocare Dio, scongiurandolo di salvarmi la vita.”
La Guerra era un brutto ricordo di famiglia.




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