A NATALE FRIJRI I GUAJUNI
La terza classe era sempre sovraccarica di persone.
Non trovando posto a sedere, Pasquale rimase per un attimo bloccato sulla porta, ma con tutta la foga dei suoi quarant’anni tentò di farsi strada e inavvertitamente pestò i piedi a un signore scorbutico che continuava a ripetere:
«Eh no, eh! Qui non si può salire! Siamo pieni!».
Incurante della varia umanità che si accalcava nel corridoio del vagone, Pasquale chiedeva permesso sbattendo la valigia a destra e a manca.
Nel tragitto litigò con un tizio che non lo faceva passare:
“Ehi, qui non si passa!”
“Ma io devo andare avanti!”
“E allora? Io sono qui prima di te!”
Poi finalmente trovò un seggiolino vicino alla ritirata e mettendo la valigia sotto le gambe finalmente si tranquillizzò, ma soltanto per poco: il suo pensiero corse subito a Teresina e ai suoi bimbi.
I gomiti sulle ginocchia, il viso stretto tra le sue forti mani, Pasquale scoppiò in un piano ininterrotto, che faceva ondeggiare la folta chioma scura ad ogni singhiozzo.
Che freddo quella notte di ottobre.
In treno salirono in tanti: facce da lavoro, uomini in giacca, sguardi ricchi di tristezza e di speranza.
Passarono anche un giovane e una ragazza, alla quale Pasquale offrì il posto, ricevendo un gentile e rispettoso “No grazie”.
Poi la stanchezza ebbe la meglio.
Pasquale si addormentò, ma per modo di dire……..