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Delitto a Palazzo Chigi


Come al solito Gigino tentò di discolparsi, dicendo che lanciando la palla ad un suo amico, questi la deviò verso la vetrata del povero calzolaio.
 
Fu tutto inutile, la fibbia della cinghia si abbatté inesorabile sulla gamba destra del ragazzo, causandogli una ferita che si mise subito a sanguinare.
 
Il Maresciallo ne fu molto turbato, ma inflessibile mantenne lo sguardo autoritario sul figlio ed emise la condanna: “Fino a domenica non uscirai di casa”.
Il pallone venne ovviamente sequestrato, e il padre si convinse che la lezione gli sarebbe servita, ma si sbagliava; Gigino avrebbe dimostrato di essere refrattario a qualsiasi regola.
A scuola la Maestra convocava la madre almeno una volta la settimana e l’argomento era sempre: “Suo figlio è intelligente ma, ne combina una al giorno, adesso si porta dietro anche altri compagni e disturbano continuamente la lezione. Oggi ho dovuto punirlo e metterlo dietro la lavagna, dopo poco tempo i ragazzi notarono una macchia sul pavimento e incominciò subito il brontolio della scolaresca: “pipì pipì pipì””. Gigino scusandosi disse: “Se glielo avessi chiesto, lei non mi avrebbe mandato in bagno”
Le sue marachelle non terminavano a scuola ma continuavano anche durante la giornata, a danno di altre persone del paese, come il fabbro.
Aveva letto da qualche parte, come fabbricare un “botto” con un semplice procedimento.
Utilizzava un barattolo e del carburo che rubacchiava dalla bottega del fabbro. Realizzava una buca a terra, versava un po’ d’acqua e il carburo, dopo inseriva un barattolo, al quale praticava un forellino, e infine ricopriva la buca; il carburo a contatto con l’acqua sublimava e liberava acetilene. Così nel barattolo si produceva una sorta di camera a scoppio. Avvicinando una miccia accesa al foro del barattolo, dopo un po’ avveniva uno scoppio, che faceva spaventare tutto il vicinato, compreso il fabbro. Che risate!
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