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Delitto a Palazzo Chigi


Il giorno dopo era di guardia e quindi al mattino si recò in caserma.
 
Alle diciannove rincasò e si cambio per andare a mangiare una pizza in centro. Le strade erano allagate e il traffico era impazzito, con i clacson a tutto spiano. Mentre era fermo al semaforo vide una ragazza camminare barcollando sull’altro marciapiede. Dietro di se due tizi su di un’auto decapottabile che gridavano:
 
“Bella signorina serve ’no strappo?”
 
La ragazza mi sembrava una po’ fatta. Gigino si avvicinò alla macchina. I due tipi non erano l’ideale come accompagnatori. Capelli lunghi e aria da duri di borgata. Sapeva di doversi identificare, per prima cosa, ma non lo fece.
 
“Che cazzo vuoi, tu?” apostrofò il tipo al volante.
 
“La signorina non ha bisogno di aiuto!”
 
La ragazza barcollante si era fermata a guardarli, appoggiata a un albero. A questo punto i due scesero dall’auto.
 
“E chi lo dice se ha bisogno d’aiuto o no? Lo dici tu?”
 
“Sono il suo fidanzato” disse con aria preoccupata. Poi fece un cenno alla ragazza di avvicinarsi.
 
Si rese conto troppo tardi che non era italiana e che non aveva capito.
 
“What?” chiese la ragazza farfugliando.
 
Subito i due si avvicinarono.
“La tua fidanzata non te capisce, vai via alla svelta” disse il più brutto.
 
Gigino doveva stare attento solo a due cose: fare in modo che il primo cazzotto lo tirassero loro ed evitare segni o danni permanenti. Poi decise di provocarli, chiamandoli beduini.
 
Per un attimo si guardarono increduli. Poi i due si scagliarono contro.
 
Schivò agevolmente il cazzotto lento del più brutto e mentre si sbilanciava in avanti fece una mezza piroetta, assestandogli un calcio allo stomaco che lo spedì riverso sull’auto. L’altro estrasse subito un coltello. Gigino pensò subito che era l’ora d’identificarsi.
 
Era importante che la ragazza non testimoniasse che aveva avuto tutto il tempo per dire che era un carabiniere. Ma approfittò del fatto che non capiva la lingua.
 
Gigino disse: “Dai, fammi vedere cosa sai fare.”
 
Ma quello si fermò di colpo.
 
“Tu sei un poliziotto o un carabiniere, vero?”
 
Gigino a questo punto si sentì smarcato.
 
Il Brutto ripose il coltello e salirono sull’auto, che partì a tutta velocità.
Gigino si avvicinò alla ragazza. La guardava con gli occhi sbarrati e le pupille dilatate. Doveva farsi capire in modo semplice.
 
“German?”
 
“American, Chicago” farfugliò.
 
“Your hotel?”
 
Scosse il capo, confusa. “Can’t remember...”
 
“Document?” “In hotel.”
 
Gigino aveva capito che non era per niente vigile.
 
Certo, il giorno dopo sarebbe stata più lucida. Ma per la notte?
 
“OK” le dissi, sostenendola perché non cadesse.
 
Quindi decise di portarla nel suo appartamento e mezz’ora dopo l’aiutò a fare le scale della sua mansarda.
 
Entrato le mise la testa sotto l’acqua del rubinetto e le fece bere del caffè.
 
Poi le indicò il suo letto matrimoniale.
 
Lei si era un po’ ripresa ma era spaventata.
 
La fece sdraiare sul letto e le tenne la mano finché si addormentò. Poi Gigino si buttò vestito sul divano. La notte fu interminabile, con la continua tentazione di andare a stendersi accanto a lei. Lei era molto bella e verso le due del mattino, andò a sdraiarsi vicino a lei. Non ci volle molto e subito dopo i due si abbracciarono e fecero l’amore.
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